Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, noto come Co.Co.Co., è una forma di rapporto di lavoro che si colloca a metà strada tra il lavoro subordinato e quello autonomo.
Introdotto per rispondere alle esigenze di flessibilità delle aziende e dei lavoratori, può essere attivato nel settore pubblico o privato, qualora l’azienda necessiti di un lavoratore che decida, in autonomia, modalità e luogo dell’erogazione della prestazione.
Che tipo di contratto è il Co.Co.Co.
Disciplinato dall’art. 409 n. 3 c.p.c. e dal decreto legislativo n. 276/2003, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è stato poi modificato dal decreto legislativo n. 81/2015 e dal decreto legislativo n. 81/2017.
Si differenzia dal lavoro subordinato per via dell’assenza del vincolo di subordinazione (il lavoratore subordinato, a fronte di una retribuzione, si obbliga a lavorare alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro), e dal lavoro autonomo in quanto non prevede l’organizzazione dei mezzi e il rischio di impresa propri di quella tipologia di lavoro.
Le caratteristiche primarie di un contratto Co.Co.Co. sono:
- autonomia
- coordinamento
- continuità
- carattere personale.
In caso di contratto Co.Co.Co., l’accento è posto sul raggiungimento di un dato obiettivo: il lavoratore, dunque, è autonomo nella scelta dei tempi e delle modalità di svolgimento del servizio. Tuttavia, le sue attività devono essere coordinate con le esigenze organizzative: il datore di lavoro può dunque fornire direttive al collaboratore, pur lasciandogli l’autonomia professionale prevista dal contratto e senza il suo coinvolgimento strutturale nell’organizzazione gerarchica dell’impresa (sebbene il lavoratore possa usare locali e attrezzature del committente).
La prestazione inoltre deve essere continuativa e il contratto può essere rinnovato solo qualora l’azienda commissioni al collaboratore una nuova attività.
Infine, è necessario che prevalga il carattere personale dell’apporto lavorativo del collaboratore, che può avvalersi di altri soggetti, ma la cui partecipazione deve essere predominante (anche in ragione dell’unicità della responsabilità).
Contratto Co.Co.Co: la retribuzione minima
Dal 2015, ai contratti Co.Co.Co. si applica - salvo eccezioni previste dalla legge - la disciplina del lavoro subordinato. I collaboratori non sono considerati lavoratori dipendenti ma beneficiano di alcuni diritti previsti dai rapporti di subordinazione.
La retribuzione minima del contratto Co.Co.Co., ad esempio, non può essere inferiore al compenso minimo previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di riferimento.
Chi paga i contributi del Co.Co.Co. (e quanto è tassato il contratto)?
Il lavoratore con contratto Co.Co.Co. deve essere iscritto alla Gestione Separata Inps.
I contributi sono:
- per i ⅔ a carico del committente;
- per ⅓ a carico del collaboratore (tuttavia, è sempre il datore di lavoro a versarli).
Per il 2025, l’aliquota contributiva e di computo per i lavoratori con contratto di collaborazione continuativa, iscritti alla Gestione Separata dell’Inps, è pari al 33%.
I lavoratori Co.Co.Co. hanno diritto all’indennità di disoccupazione (la cosiddetta DIS-COLL), la cui durata dipende dal numero di mesi di contribuzione accreditati tra l’1 gennaio dell'anno precedente e la data di cessazione del rapporto di lavoro (in ogni caso, non può eccedere i 12 mesi).
Non ha invece diritto a ferie e permessi, ma può richiedere il TFR in caso abbia eseguito prestazioni esclusivamente personali e la prestazione sia stata continuativa e organizzata dal committente anche riguardo i tempi e il luogo di lavoro.
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