Condizione comune a specifiche professioni, la reperibilità lavorativa è regolamentata dai CCNL e dagli accordi tra azienda e lavoratore. Ma cosa significa essere reperibili? Quali sono i diritti del lavoratore e quali gli obblighi che deve rispettare?
Che cos’è la reperibilità
La reperibilità è una condizione lavorativa in cui il dipendente deve restare disponibile e facilmente contattabile al di fuori del normale orario di lavoro, per intervenire in caso di necessità o emergenza.
Durante il periodo di reperibilità, il lavoratore non è obbligato a restare fisicamente sul luogo di lavoro, ma deve essere pronto a rispondere a chiamate o segnalazioni e, se richiesto, recarsi in servizio.
Istituto particolarmente diffuso in settori come la sanità, i trasporti, l’informatica o le attività di manutenzione, dove la tempestività di intervento può essere determinante, la reperibilità è regolamentata da norme specifiche che tutelano il lavoratore, definendo diritti, doveri e compensi per il tempo dedicato a tale funzione.
La reperibilità è obbligatoria?
Al contrario dell’orario di lavoro, e dei riposi giornalieri e settimanali, la reperibilità non è disciplinata dalla legge: la sua regolamentazione risiede in specifici contratti collettivi, che ne definiscono l’indennità. Essendo infatti una prestazione accessoria e aggiuntiva rispetto alla normale prestazione lavorativa, al lavoratore deve essere corrisposta una retribuzione a titolo di ristoro del riposo sacrificato.
Qualora non fosse prevista né dal CCNL di riferimento né dal contratto individuale di lavoro, la reperibilità non può essere imposta al lavoratore. A ribadirlo è stata l’ordinanza n.7410 emessa dalla Corte di Cassazione il 26 Marzo 2018: il datore di lavoro non è legittimato a disporre unilateralmente l’impiego dei suoi lavoratori per servizi fuori dall’attività ordinaria, dalle modalità e dall’orario stabilito dal contratto.
La retribuzione della reperibilità lavorativa
L’indennità della reperibilità lavorativa è disciplinata dai CCNL e dagli accordi individuali che l’azienda stipula coi lavoratori. Tuttavia, deve sottostare a regole specifiche.
Le ore di lavoro devono essere retribuite secondo quanto stabilito dal contratto di lavoro, secondo il trattamento economico minimo previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento, o secondo gli accordi stipulati dall’azienda con le organizzazioni sindacali interne o territoriali.
Nello specifico, se rientrano nell’orario settimanale stabilito dal contratto, devono essere retribuite come normali ore di lavoro; se notturne o festive, o eccedono l’orario settimanale ordinario, devono essere maggiorate secondo quanto disposto dal CCNL.
Per conoscere l’indennità di reperibilità lavorativa, è possibile consultare la propria busta paga. Sul cedolino, infatti, si possono trovare importo base, numero di giorni/settimane di reperibilità e quota di indennità.
Reperibilità: diritti e doveri dell’azienda e dei lavoratori
Per legge, il datore di lavoro può ricorrere all’istituto della reperibilità nelle ore e nei giorni di riposo solo per necessità di servizio essenziali e indifferibili, in settori in cui è necessario assicurare la continuità dei servizi. La durata della reperibilità non può eccedere le 12 ore.
Il lavoratore reperibile è sottoposto ai seguenti obblighi:
- verificare di essere rintracciabile e disponibile in caso di chiamata dell’azienda;
- tenere il cellulare acceso, o il cercapersone carico e connesso, assicurandosi che il dispositivo sia udibile;
- raggiungere il luogo di lavoro il prima possibile, o entro il tempo massimo previsto dal CCNL.
Il datore di lavoro, oltre a riconoscere ai lavoratori reperibili la retribuzione prevista dalla normativa applicabile, deve seguire i criteri della correttezza e della buona fede per la selezione dei dipendenti da inserire nei turni di reperibilità, secondo esigenze oggettive e i principi di rotazione. Per questo motivo, molti CCNL fissano in sei turni al mese la reperibilità massima a cui un dipendente può essere soggetto.
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