Dopo aver rassegnato le sue dimissioni, può capitare che un dipendente manifesti il desiderio di tornare a lavorare presso la stessa azienda. Oppure, può essere la stessa azienda a valutare la riassunzione di un collaboratore che in passato ha ricoperto un ruolo all’interno dell’organizzazione. Ma quali sono i principali aspetti normativi e contrattuali legati alla riassunzione di un ex dipendente e le condizioni da rispettare per un eventuale nuovo rapporto di lavoro?

 

Come funzionano le dimissioni volontarie

Disciplinate dalla Legge n.183/2014, le dimissioni volontarie sono l’atto con cui un lavoratore decide di interrompere il rapporto di lavoro in maniera autonoma, senza costrizioni da parte dell’azienda, per diverse ragioni: desiderio di cambiare occupazione, esigenze personali, trasferimento, insoddisfazione lavorativa.

Dal 2016, le dimissioni volontarie possono essere formalizzate solamente per via telematica, seguendo la procedura illustrata sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, o rivolgendosi a un intermediario abilitato (consulente del lavoro, patronato, sindacato).

Le dimissioni comunicate a voce, dunque, non sono valide. Tuttavia, può accadere che il dipendente, deciso a licenziarsi, in un secondo momento ci ripensi. Se il ripensamento avviene prima della formalizzazione delle dimissioni, il lavoratore può tornare in azienda con la revoca delle dimissioni (il datore di lavoro ha però il diritto di contestare una eventuale assenza ingiustificata, potenziale motivo di licenziamento).

Se il ripensamento avviene dopo l’invio telematico delle dimissioni, ha invece sette giorni di tempo per revocarle.

 

Nuova assunzione dopo dimissioni volontarie

La riassunzione dopo le dimissioni volontarie è possibile, nel settore pubblico come nel settore privato.

La revoca delle dimissioni volontarie nelle aziende private è disciplinata dal D.Lgs. 151/2015. Come anticipato, entro sette giorni dalla loro presentazione, il lavoratore può accedere al sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tramite SPID, cliccare sulla voce "Elenco dimissioni già presentate" e selezionare il rapporto di lavoro che intende ripristinare, cliccando sul bottone “Revoca”.

La sua decisione viene dunque notificata al datore di lavoro. Se il pulsante “Revoca” anziché blu è grigio, significa che è decorso il termine entro cui la revocabilità è ammessa.

Anche dopo i sette giorni previsti dalla legge, tuttavia, la riassunzione di un dipendente è possibile. Il limite di riassunzione dopo le dimissioni volontarie è 36 mesi, ma può essere bypassato in caso di contratti collettivi, lavoratori stagionali e contratti di lavoro stipulati con l’ispettore territoriale del lavoro competente.

 

Riassunzione dopo scadenza contratto a tempo determinato

Differente è il caso della riassunzione a seguito di un contratto a termine.

Quando scade un contratto a tempo determinato, e l’azienda sceglie di prolungare la collaborazione, le opzioni sono due:

  • la proroga
  • il rinnovo

La proroga di un contratto di lavoro a termine consiste nel prolungamento della durata del contratto iniziale, mantenendo inalterate le condizioni pattuite, salvo diverso accordo tra le parti. La proroga libera è consentita solo per contratti inferiori ai 12 mesi; in caso contrario, il datore di lavoro deve indicare una delle causali previste dalla legge. Il rinnovo avviene invece quando l’azienda riassume un dipendente precedentemente impiegato a termine. Anche in questo caso, il rinnovo è libero entro 12 mesi dalla scadenza del contratto, decorsi i quali è necessario indicare una motivazione specifica.

Fondamentale è però il rispetto del cosiddetto “stop & go”: per contratti inferiori ai 6 mesi, è necessario che vi siano almeno 10 giorni di pausa prima del rinnovo, mentre per contratti superiori ai 6 mesi la pausa minima è di 20 giorni.

I contratti a termine con la stessa azienda, per le stesse mansioni, non possono inoltre eccedere complessivamente i 24 mesi e non possono essere prorogati più di quattro volte. Se il rapporto supera i 12 mesi, il datore di lavoro è tenuto a indicare una causale valida tra quelle previste dalla legge o dal CCNL: in caso questa regola non venisse rispettata, il contratto si trasforma automaticamente in contratto di lavoro a tempo indeterminato.

 

Come può avvenire la reintegrazione di un dipendente?

Il dipendente, dopo le dimissioni o il licenziamento, può essere reintegrato in azienda con mansioni analoghe o diverse.

In caso di mansioni analoghe, però, non può essere inquadrato a un livello inferiore rispetto a quanto previsto dal vecchio contratto. Il livello, a seconda delle circostanze e dell’eventuale know-how accumulato nel periodo intercorso tra i due contratti, deve essere uguale o superiore. Inoltre, il periodo di prova iniziale è considerato illegittimo in caso al dipendente venga assegnato lo stesso ruolo precedentemente ricoperto.