Prima della Pandemia da Covid-19, lo Smart Working in Italia era poco diffuso. Oggi gli Smart Worker sono più di 4 milioni: l’81% delle grandi aziende prevede per i suoi dipendenti la possibilità del lavoro agile, secondo varie modalità, mentre le PMI che lo concedono sono il 53% e le PA il 67%. Le previsioni ci dicono che lo Smart Working rimarrà nell’89% delle grandi aziende, nel 62% delle PA e nel 35% delle PMI anche a Pandemia conclusa.
Scegliere un’offerta di lavoro in Smart Working ha i suoi indiscussi vantaggi ma, essendo un processo lavorativo ancora in evoluzione, ha anche le sue zone d’ombra. Ci si può porre, ad esempio, la seguente domanda: chi fa Smart Working ha diritto ai buoni pasto?
Quali dipendenti hanno diritto ai buoni pasto?
Tra i Benefit aziendali più diffusi, i buoni pasto (conosciuti anche come Ticket Restaurant) sono titoli di pagamento dal valore predeterminato. Possono essere cartacei, elettronici o digitali, e vengono generalmente forniti ai dipendenti da tutte le aziende del settore pubblico o privato sprovviste di servizio mensa.
L’azienda acquista dunque i buoni pasto dalla società emittente e li fornisce ai suoi dipendenti, che possono poi utilizzarli per la loro pausa pranzo o per fare la spesa presso gli esercizi commerciali che li accettano (in genere, l’immagine dei ticket accettati è apposta in vetrina oppure in cassa). È possibile utilizzarne più di uno in simultanea: il termine fissato dalla legge è di 8.
Tutti i lavoratori subordinati a tempo pieno, Part-Time e a progetto assunti presso aziende private o nella Pubblica Amministrazione hanno diritto a ricevere i buoni pasto (anche qualora l’orario lavorativo non preveda la pausa pranzo).
Buoni pasto e Smart Working
L’articolo 20 della legge n. 81 del 22 maggio 2017 riconosce il Benefit anche a chi svolge il proprio impiego in modalità Smart. Tuttavia, il datore di lavoro non è obbligato a concederli. Sono solamente i CCNL a poter imporre una regola in questo senso.
La Giurisprudenza, in passato, aveva negato i buoni pasto ai lavoratori agili poiché non li interpretava come strumenti retributivi ma come un’agevolazione assistenziale, pertanto, se il datore di lavoro non li dovesse concedere, non commetterebbe alcuna violazione e non contravverrebbe all’obbligo di parità di trattamento tra chi fa Smart Working e chi non lo fa.
Il nuovo Welfare Post-Pandemia, tuttavia, sembra orientato verso una modifica in tal senso. Sono infatti sempre di più le aziende che prevedono buoni pasto o indennità equivalenti a chi lavora da remoto.
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